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I luoghi della memoria : Auschwitz e Birkenau

  • Immagine del redattore: Milena Spino
    Milena Spino
  • 25 giu 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Mi sono più e più volte chiesta se era corretto pubblicare un intero post inerente ai campi di concentramento polacchi, ma successivamente mi sono resa conto che forse, tutti coloro che non vogliono andare per paura, per ribrezzo, è necessario che leggano, che vedano e che conoscano.

Della mia visita al capo pubblicherò davvero pochissime fotografie rispetto a quelle che ho scattato poiché come affermò Primo Levi : “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Molte delle foto riprendono oggetti personali, forni crematori e persino i capelli dei prigionieri, queste mi spiace ma no; queste preferisco custodirle gelosamente nella memoria del mio PC, ma soprattutto nella mia di memoria.

Giunti ad Auschwitz, con il minivan di Get Your Guide, l’odierna Oswiecim polacca, si rimane gelati dinanzi alla scritta che ci conduce all’ingresso del campo “Arbeit macht Frei” (il lavoro rende liberi).

I confini del campo sono presidiati da una doppia cornice di filo spinato, all’epoca percorsa dalla corrente elettrica. Questi erano un ostacolo che separava la morte del prigioniero dalla sua stessa vita, dalla sua libertà. Nonostante le svariate fughe avvenuta da questo campo (circa 200), non sono state poche le morti che ha causato questo filo spinato.

Ciò che più mi ha colpita di Auschwitz è che paradossalmente esso dall’esterno sembra persino gradevole, con viali alberati e costruzioni in mattini rossi che quasi ci riconducono all’aspetto di un quartiere nobiliare; ahimè però ciò che accadeva all’interno di queste ‘casone’ dette Blocchi è cosa ormai ben nota.

Ma perché queste costruzioni erano così belle? Questo accade perché Auschwitz inizialmente era stato adattato come luogo di lavoro e come residenza dei militari polacchi, solo successivamente venne usato per le esigenze omicida che avevano i nazisti.

Quando però questo campo non è stato più ritenuto abbastanza grande per contenere tutti i prigionieri, è stato necessario ampliare gli spazi, per questo motivo la follia nazista decise di creare il campo di Birkenau (denominato anche Auschwitz II), che è situato a circa 3 km d Auschwitz I. Qui ciò che vedrete forse sarò ancora più sconvolgente. Questo campo infatti non è stato costruito per le esigenze dei nazisti, ma venne costruito solamente per dare inizio alla “soluzione finale” ossia l’annientamento fisico delle così nominate ‘Razze minori’ come Rom, zingari, polacchi, disabili o avverasi politici.


A questo campo si giungeva solamente varcando la cosiddetta ‘Porta della morte’, che spesso avrete sicuramente visto nei film o sui vari libri di storia.


Questa porta era attraversata dai binari che erano sormontati da treni carichi di prigionieri provenienti da tutta Europa. I prigionieri viaggiavano per molti giorni da Grecia, Germania, Italia, repubblica Ceca, costretti a stare in vagoni fino allo sfinimento, senza acqua, senza cibo, in piedi per giorni e giorni. Il campo di Birkenau è grande 30 volte quello di Auschwitz e qui, all’interno dei blocchi di legno per gli uomini e di mattoni per le donne, è possibile notare le condizioni inumane nel quale vivevano i deportati. La foto che più mi ha impressionata all’interno del campo è quella in cui il medico nazista del campo stesso con un semplici cenno della mano decide se il prigioniero è adatto al lavoro oppure deve andare a morire. Nella prima ipotesi egli sarà destinato al campo di lavoro, nella seconda ipotesi verrà nell’immediato condotto alle camere a gas. Questa via della morte era quella che toccava a tutti gli anziani, disabili e bambini di età inferiore ai 14 anni.

Finita la visita è normale uscire con brividi e pelle d’oca, si esce sgomenti, ed è del tutto normale chiedersi come sia possibile che tutto ciò sia accaduto appena 70 anni fa.

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